Appunti sul rilassamento

di Francesco Citino

L’idea di un articolo sul rilassamento è nata leggendo la raccolta di affermazioni di Mère, sull’argomento, chiamata appunto “Riposo e Rilassamento”. In questo breve libretto non vi sono tecniche specifiche di rilassamento, ma vi è spiegata la relazione che questo ha con i piani di coscienza, la sua relazione con la sadhana1, con il lavoro e il suo valore nella salute psicofisica.

Nel suddetto libretto, “rilassamento”, non è espresso esplicitamente come “la pratica di rilassarsi”, ma è inteso come ciò che avviene dopo un’attività, come ad esempio il lavoro; come il naturale modo che l’organismo ha di ristorarsi e di ritrovare le energie.

Nell’accezione più spirituale, per il ricercatore, il rilassamento è vissuto come un silenzio interiore, mentre il riposo come uno stato di contemplazione. Tali atti, per il ricercatore, assumono dei significati completamente diversi rispetto all’uomo comune. Se per quest’ultimo riposarsi può voler dire lasciarsi andare all’inerzia, per il praticante ha la valenza opposta: è proprio nel riposo che si deve cercare di combattere l’inerzia…di scacciarla dal proprio essere. Mere spiega “deve essere un riposo di forza concentrata, non una debole passività alle forze avverse. Un riposo che sia un potere non una debolezza”2.

E per fare ciò è bene interpretare il momento del riposo come un ascesa in piani di coscienza più elevati. Comunemente avviene l’esatto opposto: ci si abbandona all’inconscio, alle pulsioni o all’incontrollato flusso di pensieri e così facendo ci addormentiamo lasciandoci andare all’inerzia e alla passività. Mentre se il nostro riposo fosse preceduto da un silenzio mentale, e dall’innalzamento dello stato di coscienza, verso le vette elevate dell’essere*, saremmo in grado di approdare alla fonte primaria della nostra energia, oltre che di estendere il dominio della nostra coscienza al sonno.

Ma cosa permette l’ascesa lungo il continuum dei nostri stati di coscienza? Principalmente il silenzio mentale, o stati simili, quali la calma mentale e l’osservazione distaccata dei pensieri; Mère, inoltre, sottolinea l’importanza dell’aspirazione, di quella forza che desidera il divino, e che spinge a farne esperienza interiore. Ed è questo che ci colloca su piani di coscienza più “elevati”.

Tale discorso va ben al di la delle pratiche che si occupano di creare un particolare stato psicofisico, infatti, in modo integrale, esso mira al rilassamento di tutto l’essere, dai suoi nervi fino alla sfera del pensiero…e come ci insegna la psicologia transpersonale, è salendo in stati di coscienza più elevati (trascendenti) che si trova l’unità, la totalità del nostro io.


Mentre noi per abitudine non appena ci rilassiamo scendiamo in stati più bassi: ciò è facilmente osservabile (o sperimentabile) quando dopo il lavoro ci si dimentica dell’ingessatura imposta dal ruolo e il fisico perde il tono mentre la mente si adagia ad un livello di attenzione e di coscienza ben più mediocre, trovando divertimento in cose futili o volgari. “conoscevo persone di grande intelligenza, artisti ammirevoli che, appena incominciavano a “rilassarsi” divenivano sommamente sciocchi! Agivano nei modi più volgari, comportandosi come bambini maleducati3.

Un esempio lampante di questo tipo di rilassamento (d’ascesa se vogliamo) ci viene dato nella soluzione proposta da Mère per la depressione o il cattivo umore. Quest’ultimo si combatte facilmente focalizzandosi sul lavoro (specie se di tipo artistico-conoscitivo) e l’aspirazione che lo anima. In modo simmetrico la depressione, spiegata da Mère come un problema di insoddisfazione nel vitale, viene neutralizzata portando la coscienza al di sopra di esso, sulle alte sfere del pensiero e dell’intelletto, o integrando le attività vitali al nostro essere psichico (anima). Il meccanismo è semplice e risolutivo delle due problematiche, si percorrono i moti d’ascesa della coscienza e li si sta, a quelle vibrazioni….cercando il silenzio ed espandendosi*4.

Appare chiaro che il significato del rilassamento nel lavoro che hanno fatto Aurobindo e Mère deve collocarsi nella stessa guerra alla natura umana, alla sua pigrizia e pesantezza; esso concorre all’eliminazione dell’inerzia (tamas) che pervade l’uomo e i suoi comportamenti. Nonostante questo cambio di prospettiva, il riposo, non diviene inutile; solo che vista la trasformazione che lo Yoga opera nella mente, nel vitale e nel fisico del ricercatore è ovvio che anche il riposo cambia, divenendo un riposo sempre più cosciente. Questo è un processo lungo, che passa attraverso l’aumento della ricettività e il silenzio mentale. E pian piano anche il sonno diventa più cosciente.

Un ultima parola va detta riguardo alla ricettività: quando si è calmi rilassati appunto si può notare che ogni volta entriamo in contatto con qualcosa che ci infastidisce subiamo un irrigidimento. Esso può avvenire nel fisico come nel mentale o nel vitale, suscitando comunque dolore (dolore fisico, mentale o vitale). Tale contrattura rimane li nel nostro essere, finché non interveniamo con il rilassamento… integrale.

Concludendo il rilassamento nell’ottica di quanto detto diviene uno strumento evolutivo, non più uno scomodo residuo evolutivo, reso tale dall’ideale borghese che lo vuole come meritato contraltare del lavoro o come stato per i privilegiati, ma in ogni modo come giustificazione a momenti diseducativi, demenziali e poco utili. Merè insegna la sua giusta collocazione nella vita del ricercatore, o ad utilizzarlo per la cura e la conoscenza di tutto il nostro io.

1Disciplina spirituale

2Riposo e Rilassamento di Mère, ed. domani, Pondicherry India 1994. Pag. 20

3Riposo e Rilassamento di Mère, ed. domani, Pondicherry India 1994. Pag. 9

4Espandersi nel linguaggio aurobindiano significa universalizzarsi: il processo di universalizzazione, deve essere eseguito in ognuno dei nostri centri di coscienza (fisico, vitale, mentale….). Quindi il percorso ad esempio di universalizzazione del mentale, è schiodarsi dal proprio mentale personale, fatto dei soliti pensieri fissi e approdare (tramite il silenzio) ad una coscienza più vasta.