Quando il controllo “smette” di controllare

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Sì, [l’atmosfera sessuale] imperversa ovunque [nel mondo moderno], specialmente perché gli uomini non credono più nelle vecchie costrizioni morali, e nient’altro le ha sostituite.

Dalle “Lettere sullo Yoga” – Libro 5 – cap. 24 – parte 8 – pag. 263

di Francesco Citino

Se il potere sceglie di controllare, risulta tangibile, lo si vede agli angoli delle strade, nei vincoli comportamentali che ci costringe ad avere, nelle telecamere presenti in ogni luogo o nella presenza invisibile di un “web semantico”. E a dire la verità a questo siamo ben preparati, numerosi romanzi e film hanno prospettato questo futuro “distopico”, in cui il potere ci entrerà in casa, nelle relazioni e nella mente.

Ciò a cui non siamo stati preparati è la strategia dell’assenza di controllo, in cui la sorveglianza si ritira in ambiti di interesse politico-materiale, e si sottrae alla quotidianità delle città, dei borghi sia nelle metropoli che in provincia.

Non sarebbe la prima volta che il potere adotta questo tipo di strategie come quando nel XVIII secolo ci fu un notevole spostamento dai crimini violenti a quelli fraudolenti1: nonostante ciò avvenne a causa dell’ampliarsi delle differenze sociali, visto l’ascesa della nuova classe, la borghesia, non è da sottovalutare anche quel gioco di tolleranza e punizione, applicato dal potere, per cui divenivano più importanti i reati contro il capitale che contro le persone.

Quindi è bene parlare di una “economia dell’illegalismo”. Questa si è resa visibile con lo sviluppo della società capitalistica, ma in qualche modo c’è sempre stato un disegno preciso in cui il controllo, il concetto di crimine e la pena non cambiano per una accresciuta sensibilità nei confronti di chi delinque, ma per un più stretto controllo del corpo sociale.

Seguendo il discorso è ovvio implicare due conclusioni: o l’assenza di controllo avviene perché le istituzioni statali non hanno i mezzi per una legalità e armonia sociale, in quanto tali risorse sono impiegate per conto del potere in ben altri (e più elitari) contesti; oppure l’assenza di controllo è un piano strategico per ottenere un beneficio secondario.

Tra questi benefici (del potere) è bene ipotizzare, un disordine strumentale, che può portare a rivolte le quali a loro volta necessiterebbero di un controllo più ben rigido e ferreo, che non ha a cuore l’armonia sociale, ma appunto il controllo politico…

in ogni caso i fenomeni di cui parlo, benché non supportati da dati statistici, ma riferentisi solamente ad osservazioni personali, riguardano l’aumento di prostituzione (anche minorile), come conseguenza dell’immigrazione dell’est Europa; degrado urbano causa di un crescente tasso di disoccupazione coadiuvato dalla presenza di dipendenze quale gioco d’azzardo, droghe e alcool.

Da queste fenomenologie è bene leggerci delle cause e farci derivare le dovute conseguenze: un individuo senza uno scopo e inebriato da intrattenimento, il quale lo depriva nella coscienza e nella vitalità sarà un animale ben più ingabbiato di quanto non lo era prima.

Si potrebbe concludere che il controllo non ha più interesse e che ci lascia nel caos in quanto ogni risorsa evolutiva è stata depredata. Ogni tipo di spirito critico è stato estirpato. Il fenomeno del volgo (come popolo volutamente tenuto in stato di bestialità) sembra essere tornato.

Vorrei fare un ultimo collegamento che lega questa argomentazione alla frase succitata di Sri Aurobindo: ciò che sta avvenendo al di la delle conclusioni socio-politiche, è il riflesso di ciò che sta avvenendo nell’universo mentale collettivo. Una serie di istituzioni morali e comportamentali sono state decostruite, ma non sono state sostituite da una nuova e risvegliata coscienza. Così tutte le giuste battaglie che vanno dall’anti-psichiatria alle riforme carcerarie fino alle politiche di integrazione si sono spente con il raggiungimento dell’obiettivo intermedio, ovvero la destituzione dell’istituzione vigente, senza formare un nuovo modo, un nuovo apparato. La conseguenza sottile è a mio avviso che si è fatto il favore del potere, permettendogli un controllo sociale adeguato anche attraverso l’immissione nel sistema di elementi di disordine.

Il cambiamento che auspico dovrà avvenire al livello psichico, nell’individuo, solo quando avrà riconosciuto i propri residui evolutivi e ne avrà preso coscienza. Sarà la coscienza stessa ad impartire nuovi modi, non più costrittivi, ma costruttivi, i quali impiegheranno le illimitate risorse vitali per scopi nuovi evolutivi e comunitari; nel medesimo modo, il riflesso sociale\istituzionale di tale processo formerà l’individuo, lo educherà anziché punirlo o peggio ancora lasciarlo impunito.

In ogni caso sarà bene non illudersi che i processi che regolano la vita delle istituzioni (da quelle fisiche alle convenzioni sociali), ne modifichino la forma in base alle esigenze dei tempi. Questo in quanto non abbiamo ancora acquisito in noi quella plasticità tale da farci essere degli “uomini nuovi”; in questo frangente risultiamo essere al di qua della comprensione e nonostante tentativi e battagli ideologiche, sempre più invischiati negli stessi problemi.

1Nel parla Foucault in Sorvegliare e punire, e questa constatazione riguarda ciò che avveniva in Francia, ma è estendibile a tutti i paesi che hanno vissuto il medesimo cambiamento socio-economico.